Enrico Brion inizia negli anni ’90 la formazione jazzistica con Paolo Birro e Marcello Tonolo. Nel 2000 vince una borsa di studio per i seminari del Berklee College of Music a Perugia- Umbria Jazz Clinics. L’abbiamo intervistato
Enrico Brion approfondisce lo studio del jazz con Glauco Venier al Conservatorio Tartini di Trieste, fra il 2003 e il 2006, e la composizione contemporanea con Fabio Nieder. Frequenta seminari di alta specializzazione e al Conservatorio Venezze di Rovigo, fra il 2021 e 2022, approfondisce la scrittura per orchestra jazz con Massimo Morganti, con il quale prosegue lo studio anche successivamente. Attivo fin dagli anni 90 come pianista e compositore. Come arrangiatore collabora con lo Zvuk Rec Studio (Noale – VE). Nel 2024 pubblica l’album La scala capovolta.
Diamo il benvenuto a questo straordinario artista Enrico Brion…
Se dovessi dare un suggerimento a chi inizia la strada del musicista… cosa gli diresti?
Studia e fa la musica che ti piace. La cosa più importante per me – per quello che vale – è l’onesta con cui la farai.
Artisti del grande schermo o del cinema che apprezzi o che vorresti conoscere dal vivo?
Mmm… Elio Germano. Lo trovo davvero un bravissimo attore, e, dopo averlo sentito in un’intervista, lo reputo persona intelligente e profonda. Jim Carrey è straordinario! Perché, Penelope Cruz?! Ma … solo del cinema? Vado fuori tema se dico che vorrei conoscere Alessandro Barbero?
Ci sono artisti con i quali hai lavorato e vorresti continuare a lavorare?
Sì, certo. Ho bei ricordi per ogni esperienza. Però da qualche anno mi sono allontanato da quello che era il mio ambiente. Non faccio quasi più live, e se li faccio non sono più concerti di jazz, come un tempo. Però lavoro in studio e spesso ho bisogno dei jazzisti. Nell’ultimo album mi sono avvalso sia di musicisti classici che di improvvisatori. Alcuni li ho conosciuti per l’occasione e ora continuo a collaborarci. C’è poi Franca Pullia, cantante che ho ospitato nel mio disco e con la quale ho un progetto di canzoni (ho anche un progetto di vita, ma questa è storia privata). Sicuramente si è consolidato il rapporto con due amici, ottimi musicisti e tecnici del suono, con i quali ho diverse occasioni di lavoro nel loro studio di registrazione: Davide Michieletto e Stefano Gajon. Con loro ogni suono diventa magia. Perciò, spero in un futuro di incantesimi.
Ti piacerebbe che i tuoi lavori venissero presentati in tv al grande pubblico o credi che la musica o il tipo di musica che realizzi, sia per pochi?
Mi piacerebbe, sì! Credo che tutta la musica sia per tutti. Un tempo era così, la musica a teatro era per i ricchi e per il popolo. E, d’altro canto, la musica popolare era un patrimonio ricchissimo e, oltre a svolgere una funzione sociale, costituiva un tesoro da cui attingevano i compositori. Poi hanno inventato il ‘prodotto di consumo’ e segnato una linea con la musica ‘impegnata’, per venderlo. Certo, esiste una musica che costringe a un ascolto attivo, ma che quest’ultima sia per pochi è un’idea indotta, così come l’idea che l’intrattenimento debba essere leggero, dove leggero sta per superficiale. C’è un grande equivoco sul significato di Cultura (e di Intrattenimento).
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