Il termine Mansplaining è un neologismo che deriva dall’inglese “man”, uomo, e “spiegando”.
Un vero e proprio concetto femminista che venne coniato come termine solo nel 2010 e che descrive il preciso momento in cui un uomo spiega a una donna qualcosa che lei già sa, che magari rappresenta la sua professione, in un tono potenzialmente paternalistico o condiscendente. Succede che l’uomo pensa che la sua opinione su una questione sia veramente più rilevante rispetto a quella di una donna, anche se è l’area di competenza della donna stessa e lo sottolineano diversi fattori quali l’interruzione del discorso di una donna (specializzata magari in quel settore specifico) da parte di un uomo ( non specializzato ) che darà la sua opinione e che potrà anche contraddire la stessa senza avere alcun contributo teorico o ricerca sull’argomento.
COME DISTINGUERLO NEL QUOTIDIANO?
Andiamo a vedere con qualche esempio pratico di cosa si tratta. Capita spesso nelle relazioni coniugali o in coppie appena nate, o ancora tra amici di sesso opposto, che una donna si trovi in procinto di fare qualcosa e venga interrotta perché non ritenuta a prescindere capace di farla nella maniere corretta da una voce che fa : ” Scusa, ti posso far vedere io come si fa? Ti insegno così la prossima volta lo fai da sola”. Quasi a dare per scontato che quella donna non sia in grado di fare quella determinata cosa o addirittura che possa farla meglio di lui , mettendo da parte la donna stessa e compiendo al suo posto quella determinata azione, negandole di svolgerla, di sbagliare in alcuni casi e imponendosi come esempio per far sì che questa apprenda nel caso non fosse veramente in grado di compierla.
Atteggiamento giudicato arrogante da molte donne che lo subiscono e che diventa umiliante addirittura se subito davanti ad altre persone. Diventa quasi una competizione tra uomo e donna ,dove la donna parte in svantaggio, perché giudicata dal principio incapace. Cambiare una gomma, spostare un armadio, sostituire il tubo del rubinetto, sono tutte cose che una donna non è capace di fare agli occhi di un uomo, o perlomeno non quanto lui. Le donne con il tempo si sono prese rivincite e accaparrate diritti che spettavano loro fin da subito, con maggiore sforzo ma hanno raggiunto una parità. Ad oggi questo concetto nasce per provare che queste differenze che gli uomini continuano a sottolineare con insistenza non esistono ed è stato fatto proprio con il mansplaning.
COME NASCE IL TERMINE MANSPLANING?
Il termine nasce nel 2008 circa negli Stati Uniti a seguito di un saggio di Rebecca Solnit, scrittrice Statunitense, apparso sul sito TomDispatch. È spesso attribuito a lei, anche se non l’ha usato. Il saggio ” Questi uomini che mi spiegano le cose” che dà il titolo alla raccolta, spiega come a un evento sociale a cui l’autrice partecipava, un uomo ha tentato di spiegarle il significato del suo stesso libro.
La frase celebre tratta da quest’ultimo fa così: Ogni donna sa a cosa mi riferisco, a quell’arroganza che, a volte, mette i bastoni tra le ruote a tutte le donne in qualsiasi settore, che le trattiene dal far sentire la propria voce e che impedisce loro di essere udite quando osano parlare” scrive l’autrice, spiegando come gli uomini culturalmente tendano spesso a dare per scontato (anche a livello inconscio) che una donna non si intenda di certi argomenti o che comunque loro ne sappiano di più, senza preoccuparsi che, magari, la donna in questione sia proprio un’esperta in tale materia.
Il fatto fu commentato sul social network LiveJournal col termine mansplaining che poi divenne popolare e nel 2010 il New York Times incluse mansplaining tra le “parole dell’anno”. Nel 2012 invece è stato definito “parola più creativa dell’anno” dalla American Dialect Society, e nel 2014 è stato aggiunto ai dizionari online Oxford.
In Australia, mansplaining è stata nominata parola dell’anno 2014 dal dizionario Macquarie. Sono stati effettuati diversi studi da quel preciso periodo per fare si che questo concetto, così radicato ormai nella cultura dell’essere umano fosse riconosciuto così da permetterci di difenderci da questo, in quanto incapaci a volte di giudicare una persona non per il proprio potenziale ma solo in base al sesso.
L’INA (Istituto Nazionale dell’Audiovisivo) ha condotto uno studio durante il quale si osservava come venisse ripartito il tempo di parola tra uomini e donne durante la partecipazione a programmi televisivi o radio tra il 2001 e il 2018 ed è emerso quanto il tempo di parola delle donne fosse addirittura la metà di quello degli uomini. Essendo la metà della popolazione nel mondo le donne, le domande iniziavano a sorgere spontanee.
Esistono altri termini che fanno parte della stessa famiglia del “mansplaning ” e che iniziano tutti con il prefisso “man” indicando appunto azioni irrispettose verso il sesso femminile da parte di un uomo. Un esempio è il cosiddetto” manspreading ” che nasce nel 2014 circa negli Stati Uniti e indica il modo in cui gli uomini tendono ad invadere lo spazio delle donne all’interno dei mezzi pubblici ( metro, bus, treno ) sedendo con le gambe divaricate senza tenere in considerazione la persona seduta accanto.
A Madrid è ormai diventato un reale problema per molte donne, perché spesso viene percepito come un gesto di seduzione altre volte arrogante, al punto che la Emt, il servizio pubblico della capitale spagnola ha deciso di introdurre dei pannelli informativi negli autobus con un’icona che barra un uomo stravaccato sul sedile. La decisione è stata presa grazie alla richiesta ( accolta) del gruppo di attiviste “Mujeres en lucha y madres estresadas” ( donne in lotta e madri stressate ) che da tempo lottava per questa causa.
Tornando a noi e per concludere il mansplaning è ormai un concetto concreto che insieme a tanti altri ha reso libere tantissime donne dalle catene dei preconcetti culturali e permette che la loro parola conti tanto quanto quella di un uomo perché è quasi paradossale pensare come ancora nel 2022 risulti difficile riconoscere il valore di una donna in campo professionale o personale dovendo essere per forza sminuita o giudicata da parte di un forte ego piuttosto che da una semplice e sana obiettività.
Marta Bossi