A TU PER TU CON LA SCRITTRICE ANNA GENNI MiLIOTTI E LE SUE SPLENDIDE STORIE SULL’ADOZIONE E NON SOLO …
Chi è Anna Genni Miliotti?
Una donna che ha passato gli “anta” ma si sente sempre giovane e piena di curiosità per intraprendere nuove avventure.
Quanto è stato importante per lei diventare mamma?
Più di quanto avrei creduto. Mi sono sposata più per un progetto di coppia che di maternità, il desiderio è venuto con il tempo. E non volevo perdere questa esperienza.
Lei è sempre stata una donna attiva, con mille impegni professionali, un figlio completa veramente la vita di una donna?
La mia generazione di donne è cresciuta nel mito della realizzazione attraverso il lavoro, più che nella famiglia. Beh devo dire che era una grande balla. Poche hanno la fortuna di realizzarsi nel lavoro. Ed essere donna vuol dire anche essere madre.
Molte donne a volte hanno una marcia in meno, nel mondo lavorativo, proprio a causa della maternità, cosa ne pensa?
E’ vero. Anche se in Italia abbiamo una ottima legislazione a tutela della maternità, poi nella realtà non sempre le regole vengono rispettate. E le regole, nel lavoro, le fanno ancora i maschi, con tempi e modalità che a noi donne stanno stretti. Ma, nel nuovo governo Renzi, abbiamo una ministra con un bel pancione… una bellissima immagine che deve riempirci di orgoglio!
Perché l’adozione?
Perché mi sembrava un ottimo sistema per avere figli, che non venivano in altri modi. Ho detto no a procreazione assistita, non faceva per me. Troppi medici, ospedali, ormoni…
Cosa pensa dei lunghi e tormentati percorsi per diventare madri naturali con la fecondazione assistita?
Appunto, lunghi e tormentosi, e costosi, e non solo in termini di denaro. I costi psicologici, e talvolta anche per la salute, sono altissimi.
Pensa che ci siano modi diversi di amare un figlio se è adottivo o naturale?
Conosco molte madri che hanno figli naturali e adottati. A chi vogliono più bene? A quelli adottati, ovvio. Sono loro, mi dicono, che hanno bisogno di un grande risarcimento per coccole-calore-cibo mancati.
Il suo impegno nel sociale che aspetto ha assunto dopo l’adozione?
Mi sono sempre impegnata nel sociale, fin da quando frequentavo le scuole superiori. Certo, l’adozione mi ha aperto un mondo grandissimo, quello dell’infanzia sola nel mondo, milioni e milioni di bambini senza una famiglia che li cresca e li ami. Impossibile restare con le mani in mano. Ho fatto alcuni progetti in Russia, il paese dei miei figli, per aiutare i bambini negli istituti, ma soprattutto le loro madri. Per esempio realizzando “la stanza del latte”, un servizio presso l’ospedale dove è nata mia figlia, a Stepantsevo, che fornisce latte, omogeneizzati, vestitini, pannolini, ecc. per aiutare le tante famiglie indigenti della zona.
Perché un ragazzo adottato dovrebbe tornare alle origini?
Ognuno di noi, quando si guarda allo specchio vede non solo la sua immagine, ma i tratti della fisionomia che ha ereditato dai suoi genitori, dai nonni, insomma dai suoi familiari. Una persona adottata nello specchio vede soltanto la sua immagine. Molti, iniziano così la ricerca per trovare risposta alle tante domande: com’era mia madre? chi era, e perché mi ha abbandonato? Domande e risposte non facili, spesso impossibili. Ma l’adottato deve poter ricomporre il puzzle della sua immagine, così come della sua storia ed identità.
I genitori adottivi possono avere timore nel riportare il proprio figlio alla scoperta delle proprie origini?
Molti genitori adottivi hanno terrore, e tremano anche solo all’idea che il proprio figlio possa ritornare nel suo paese. Hanno paura di perderlo, come se potesse tornare indietro nel tempo, ad una famiglia magari ritrovata. Tutto questo dipende dalla fragilità con cui molti vivono la genitorialità adottiva, in una società che privilegia quella biologica. Essere genitori di affetti, non è sempre facile, molti si sentono sempre “secondi”. Io dico sempre che chi cresce un figlio, standogli accanto quando ne ha bisogno, dandogli amore e tutto quello che serve per crescere bene, quello è il genitore. Ed invece molti hanno paura del fantasma del genitore “vero”, quello del sangue, che un momento viene per riprendersi “suo” figlio. Ma, dico, scherziamo? E tutti gli anni dell’adozione, un figlio li scancella così, con un viaggio?
E invece il viaggio è bello, può essere importante e, se fatto insieme, può veramente rafforzare il legame tra genitori e figli. Questo dovrebbero dire gli operatori, ai tanti genitori timorosi. Ma soprattutto occorre aiutare i tanti adolescenti in crisi d’identità, partendo dall’ascolto, e accompagnandoli se lo chiedono. La maggior parte dei giovani adottati purtroppo vive questi momenti con rabbia, dolore e solitudine.
I suoi prossimi impegni?
In questi mesi sono molto impegnata in giro per l’Italia per promuovere i miei ultimi libri, che sono incentrati appunto sul tema della ricerca delle origini. Mi lascerò l’estate per lavorare invece su un libro diverso, più leggero. E’ una cosa che faccio spesso, mi fa bene, mi aiuta a rinnovarmi e ripulirmi la mente ed il cuore. Ad esempio a Natale è uscito il mio “La sorella di Babbo Natale” un libro per bambini. Questo nuovo sarà un libro di taglio umoristico sul tema di noi donne oltre gli anta: pensieri, storie, riflessioni in prima persona. Ho già il titolo “Vintage? Io!”. L’ho già iniziato. Il primo capitolo narra la mia prima lezione di vela … provare per credere quanti muscoli scopriamo di avere … che fanno così tanto male!
Mi divertirò a scriverlo, un po’ di leggerezza, in questo periodo non facile, fa bene a tutti. Anche a me!
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