Il coming-out di Mirko Evangelisti, l’influencer che lotta per i diritti lgbt+
“Quando mio padre ha scoperto che ero gay, andò su tutte le furie e mi picchiò perché, secondo lui, rappresentavo il disonore della famiglia; non mi fece uscire di casa per circa due mesi, se non per recarmi a scuola; mi sembrava di essere agli arresti domiciliari! A causa sua, ho trascorso tanto tempo pensando di essere una persona malata. Per fortuna, poi, confidandomi con una professoressa ho capito che non c’era nulla di male nell’essere omosessuale”.
La storia di Mirko Evangelisti, influencer per difendere i diritti degli omosessuali
In pieno dibattito sul DDL Zan, il social boy laziale ha commosso il popolo dei social, raccontando a mezzo Instagram la sua triste storia di emarginazione a causa delle sue scelte sessuali.
L’influencer Mirko Evangelisti racconta il suo drammatico coming-out
“Ho capito di essere gay ai tempi delle scuole medie. Mi sentivo diverso da tutti gli altri miei compagni di scuola. Mio padre andò su tutte le furie quando scoprì che ero gay. Sono stato costretto a scappare di casa perché i miei genitori si trasformarono in dittatori”.
La storia di Mirko Evangelisti, un monito a rispettare la diversità
In pieno dibattito sul DDL Zan, l’influencer di Frosinone si rivolge ai giovanissimi: “Consiglio di andare avanti per la propria strada, nonostante le innumerevoli difficoltà, e di essere liberi con se stessi perché è fondamentale accettare la propria identità per far si che anche gli altri possano farlo liberamente. Nei casi di maltrattamento familiare, invece, ritengo sia importante parlarne subito e denunciare”.
Istrionico, teatrale, estremamente sensibile. Mirko Evangelisti, ventott’anni, di Frosinone, è l’influencer che ha commosso l’Italia, raccontando apertamente la sua storia di figlio e di adolescente emarginato e vessato a causa del proprio orientamento sessuale. Da sempre gay convinto, il social boy laziale ha rivelato a mezzo Instagram il suo triste passato: un padre padrone che non ha mai accettato la sua omosessualità e che lo ha rinchiuso in casa, quando ha scoperto la sua relazione con un compagno di classe; la decisione di scappare via, trasferendosi da un’amica, prima di conquistare l’indipendenza grazie al lavoro; l’incontro con un uomo più grande che gli ha cambiato la vita. Una storia drammaticamente intensa che, in un periodo storico così delicato in cui è attuale il dibattito sul ddl Zan per i diritti del popolo lgbt+, si propone come esempio di forza e di resilienza, di grande tenacia e voglia di vivere, nonostante tutto e tutti. Noi di Di Tutto abbiamo raggiunto Mirko per fare due chiacchiere con lui e conoscerlo meglio. (foto di Noemi Belotti)
Mirko, quando e come hai scoperto di essere gay?
“Ho capito di essere gay ai tempi delle scuole medie. Mi sentivo diverso da tutti gli altri miei compagni di scuola, provavo una forte attrazione verso i ragazzi, mentre loro sbavavano perennemente dietro alle nostre amiche di classe”.
Quando hai deciso di fare coming out?
“Mi sono sempre differenziato dai miei coetanei, sia per i miei tratti delicati che per la mia fragilità interiore. Inoltre, non ho mai perseguito quegli atteggiamenti tipici degli adolescenti poiché non mi è mai piaciuto giocare a calcio né fare a botte per motivi futili. Quando, nel 2011, mi sono fidanzato con il mio primo ragazzo, ho dovuto fare i salti mortali per tenerlo nascosto ai miei familiari che, già all’epoca, iniziarono ad avere sospetti circa il mio orientamento sessuale. Un giorno, però, mio padre ci pedinò e ci sorprese mentre ci stavamo baciando”.
Come hanno reagito i tuoi genitori?
“Ricordo che mio padre andò su tutte le furie, mi picchiò perché, secondo lui, rappresentavo il disonore della famiglia; non mi fece uscire di casa per circa due mesi, se non per recarmi a scuola; mi sembrava di essere agli arresti domiciliari! A causa sua, ho trascorso tanto tempo pensando di essere una persona malata. Per fortuna, poi, confidandomi con una professoressa ho capito che non c’era nulla di male nell’essere omosessuale”.
Purtroppo, alle fine, i tuoi non sono riusciti ad accettare la tua omosessualità e sei stato costretto ad andare via di casa…
“Sì, purtroppo, sono stato costretto ad andare via perché i miei genitori si trasformarono in dittatori. Ad un certo punto, quindi, sono scappato di casa e, per un anno, ho vissuto a casa di un’amica. Nel frattempo, però, studiavo e, quando ho trovato lavoro, sono riuscito a badare a me stesso. Non è stato affatto facile, sentivo la mancanza degli affetti familiari ma, per fortuna, dopo un lungo periodo di sofferenze e disagi, ho incontrato una persona che mi ha ridato il sorriso e che mi è stato accanto a lungo. Un angelo mandato dal cielo che mi ha fatto ritrovare quella stabilità di cui avevo bisogno. Sono cresciuto in fretta rispetto a tanti miei coetanei e se oggi sono quel che sono, lo devo a questa persona che rimarrà per sempre nel mio cuore”.
Come sono, oggi, i rapporti con i tuoi familiari?
“Ormai, sono dieci anni che non vivo più in quell’appartamento dove sono nato, e con la mia famiglia ho completamente interrotto i rapporti; li sento solo di rado e solo per comunicazioni ufficiali. Mi sono abituato alla loro assenza, ho contattato un legale, per cambiare cognome, è una cosa che desidero tantissimo, è un obbiettivo che raggiungerò. A breve, la mia provenienza che non rinnego, sarà comunque solamente un ricordo lontano”.
Che vuol dire, nel 2021, essere un ragazzo gay?
“Oggi, l’omosessualità è sicuramente meno tabù rispetto al passato ma c’è ancora tanta gente incapace di accettare la diversità e la libertà di poter amare chi si vuole, indipendentemente dal sesso. Anche se si parla sempre più spesso di questo tema, essere gay non è facile. A me, ad esempio, è capitato di essere scartato sul lavoro a causa del mio orientamento o, una volta, che volessero farmi svolgere il turno delle quattro del mattino perché si vergognavano di me”.
Sei mai stato vittima di episodi di omofobia?
“A parte qualche isolato episodio sul lavoro, ho subito episodi di omofobia solo in ambito familiare. Certo, durante le serate tra amici, capita sempre il bullo di turno che prova ad offendere, additando con epiteti sgradevoli ma io ho un’arma infallibile che mette fuori gioco qualsiasi becero ignorante: il mio sorriso! Dinanzi alle offese, sorrido e questo infastidisce notevolmente chi cerca provocazioni”.
Che consigli ti senti di dare a tutti quei giovanissimi che, ancora oggi, subiscono quotidianamente vessazioni e atti di bullismo a causa della propria sessualità e che, magari, non sono accettati dalle proprie famiglie?
“Di andare avanti per la propria strada, nonostante le innumerevoli difficoltà, e di essere liberi con se stessi perché è fondamentale accettare la propria identità per far si che anche gli altri possano farlo liberamente. Nei casi di maltrattamento familiare, invece, ritengo sia importante parlarne subito e denunciare. Una persona non va giudicata mai in base al proprio orientamento sessuale”.
In questi mesi, è in corso il dibattito sul DDL Zan, per la difesa dei diritti lgbt+. Qual è la tua opinione in merito?
“E’ una legge che va messa a punto, perché bisogna rispettare la libertà di pensiero di tutti. Sono parzialmente d’accordo su alcuni punti, altri forse andrebbero riguardati e di questo sono fortemente convinto perché credo che molte persone potrebbero approfittare della legge, usandola a proprio piacimento”.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Vorrei poter continuare a crescere da un punto professionale e culturale. Mi sto impegnando in questo senso per migliorarmi. Inoltre, amo il teatro e spero che nella mia vita ci sia sempre e ancora spazio per l’impegno teatrale, magari anche di alto livello”.