Chi, o cosa, siamo diventati?
Chiunque abbia la risposta, nascosta chissà dove, alzi la mano!
Stiamo per affacciarci ad una nuova era. A breve sarà possibile riprendere le nostre vecchie abitudini. Fra non molto le nostre vite potranno riprendere dal punto in cui si sono bruscamente interrotte.
Ammesso che questa prima apertura non ci giochi brutti scherzi. Cancellando di conseguenza i nostri sogni di gloria e vanificando gli sforzi fatti negli ultimi mesi.

Siamo davvero pronti per farlo?

 

Quanto la paura, l’ansia e perché no… Il nostro riscoperto star bene con noi stessi, ci permetteranno di ricominciare, “quasi”, come se nulla fosse?
Credo poco….
In questi giorni di chiusura, ci siamo dati al mondo nella nostra autenticità.
Un’autenticità innanzitutto fisica. Liberi di poltrire sul divano acqua e sapone nei nostri outfit casalinghi.
Liberi di organizzare il nostro tempo o non organizzarlo se non ne avevamo voglia.
Liberi di lavorare in pigiama, nascosti dietro i nostri monitor.
Liberi di dire: “Non mi va…”
Liberi di non vedere persone che fino a poco tempo fa eravamo costretti a frequentare.
Vista così, questa nuova riapertura, che a breve ci attende, potrebbe fare quasi paura.
Non tutti hanno voglia di uscire da casa.
Non tutti bramano all’idea di lasciare il confortevole nido domestico.

Gli psicologi la chiamano “sindrome della capanna”

 

Una sensazione mista di paura e di insicurezza. Tristezza e ansia per il cambiamento causato dal lockdown.
Pare che a soffrirne sia circa un milione di italiani. Un allarme lanciato nelle scorse settimane dal Collegio Ufficiale di Psicologi di Madrid. 
Non parliamo di un vero e proprio disturbo mentale, sia chiaro.
Non siamo diventati un popolo di depressi ipocondriaci.
Pare si verifichi dopo lunghi periodi di clausura forzata.
Praticamente non si è più abituati a vivere nel mondo esterno. Al punto tale da averne quasi paura. Gli psicologi consigliano di procedere per gradi. Recuperare un’abitudine per volta. A piccoli passi. Sempre, mi raccomando, nel rispetto delle disposizioni del governo.
A questo punto mi sorge quasi spontanea una riflessione.

E se questa famosa “sindrome della capanna” diventasse un alibi?

Quanto abbiamo desiderato staccare la spina in passato?
Un sano periodo di lockdown ciclicamente potrebbe essere addirittura benefico per il nostro equilibrio.
Tolte le categorie che, purtroppo, sono state costrette ad affrontare l’emergenza fuori dalle mura domestiche, la maggior parte di noi ha goduto di un lungo periodo di raccoglimento.
Un momento allargato di riflessione, bilanci, prese di coscienza.
Sicuri di voler riprendere in mano le nostre vite così come le avevamo lasciate?
O meglio, sicuri di essere le stesse persone pre-covid?
Non lo so… C’è chi, probabilmente è diventato una persona migliore. Chi, ahimè, ha tirato fuori il peggio di sé.
Chi ha rivisto la propria scala delle priorità. Chi invece se ne è creata una.

Cambia prima di essere costretto a farlo“. Diceva Mr Welck, il re dei manager. Scomparso appena due mesi fa

Eh già…. Volenti o nolenti prima o poi si cambia.
A volte avviene lentamente, in maniera quasi impercettibile. Altre, la svolta giunge come una doccia fredda. Quasi come un tuffo inaspettato in acque gelide.
Avete presente quando, senza alcun preavviso, vi arriva un gavettone gelato?
Quella frazione di secondo che impieghiamo per capire cosa è successo, sembra quasi una scossa.
Apriamo gli occhi e il mondo intorno a noi sembra altro. Fuori dalla percezione precedente.
Ecco! In un certo senso, siamo costretti a cambiare…
Che sia una doccia gelata, uno scherzo della vita inaspettato. Prima o poi qualcosa o qualcuno ci costringe a farlo.
Quante volte ci siamo chiesti il perché di questa pandemia. Cosa, o chi, ci ha improvvisamente catapultati in una dimensione che fino al giorno prima ritenevano possibile solo sul piccolo o grande schermo?
Mascherine, guanti, distanziamento. Paura dell’altro. Paura della morte.
L’incubo di perdere i nostri cari.
Un mondo surreale ci sta facendo compagnia.
Lontano dagli aperitivi del sabato sera. Lontano da amici di bisboccia e risate.
Lontano dalla fame di baci e abbracci a cui siamo abituati.
Ciò che pare ci circondi oggi è un mondo fatto di diffidenza, timore. Stati d’animo ballerini, un momento prima “forse è davvero finita”, quello subito dopo “e se fossimo ancora nella merda?”

E poi c’è la mancanza…

 

Una parola così abusata. Quanti “mi manchi” detti con superficialità o peggio ancora con egoismo.
Cercando sul vocabolario il significato della parola “mancare”, si legge che è un verbo intransitivo. Il cui significato è “di persona: essere assente, essere lontano da un luogo in cui dovrebbe o potrebbe essere”.
Ecco appunto, “essere assente“, che implica un “essere stato presente“.
Forse ciò che più ci ha insegnato questo momento, tanto triste quanto incerto, è cogliere le presenze. Quelle autentiche, genuine. Quelle presenze silenziose e discrete. Che nonostante tutto ci sono sempre state. Presenze date quasi per scontate. Che oggi mancano come l’aria. Quella stessa aria che spesso ci spaventa.
Quell’aria che, nascosti dietro le nostre mascherine, ci è stata comunque tolta.
Tolta da un nemico tanto invisibile quanto infimo.
Sono quelle presenze, oggi assenze, che ci stringono lo stomaco. Ci tolgono il fiato.
E vorremmo stringerle nuovamente a noi. Riprendercele, farle ancora una volta nostre. Con la consapevolezza che rappresentano ciò che di più vero abbiamo mai avuto.
Ma si insinua la paura, il timore di chissà ancora cosa.
Costringendoci inermi a quel maledetto metro di distanza.
Ecco, queste sono quelle distanze che questa maledetta emergenza non trasformerà in distanze emotive. Non allontanerà dai nostri cuori. Nella disperata speranza siano disposte ad attenderci.
D’altro canto, ci sono presenze passate, divenute ormai  assenze future.
E stranamente non fa male. Fa addirittura bene!
Wow! Che magnifica sensazione!
Per uscirne vivi non ci resta che abbandonare davvero le vecchie abitudini. L’abitudine è la vera schiavitù, non questo virus.
Ci viene chiesto di riprendere gradualmente a vivere. Io aggiungerei, se posso… Date uno schiaffo a ciò che era e accogliete con coraggio ciò che verrà. Fate tesoro di paure e insicurezze fino a poco tempo fa sconosciute.
Quindi… Chi, o cosa, siamo diventati?
È davvero così rilevante? Io non mi farei troppe domande…  Andrei semplicemente avanti. Fiera e certa di ciò che sono oggi, qualsiasi cosa essa sia…
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