A TU PER TU CON L’ARTISTA SILVIO DI PIETRO SELEZIONATO PER LA MOSTRA “IL GRANDE CANALE DELLA  PACE” CHE SI TIENE A VENEZIA DAL 9 MAGGIO A PALAZZO BOLLANI

 

Silvio Di Pietro

–       Cosa significa per lei essere stato selezionato, dal Curatore Gregorio Rossi,  per la mostra “IL GRANDE CANALE DELLA PACE” che si terrà a Venezia dal 9 maggio?

 

La mia partecipazione alla prima edizione del GCDP sicuramente mi rende orgoglioso in quanto mi permette di esporre una mia opera affianco a quella di artisti e personaggi noti a livello mondiale. Il fatto poi che la manifestazione alla quale partecipo va ben oltre quella di un’importante raccolta di opere d’arte, in quanto ha come tema dominante quello della pace, fa sì che io vi abbia aderito con tutto me stesso perché mi permetterà di essere annoverato fra i messaggeri di quel valore, perduto in tante parti del mondo, di cui oggi ha tanto bisogno l’umanità.

 

–       Qual è il suo messaggio artistico

 

Le mie opere sono sicuramente un’esternazione della mia natura più intima. La mia mente è un misto di razionale e creativo e proprio per questo osservando le mie tele non è difficile intravedervi questa doppia natura. All’apparenza semplici linee si tessono, si intersecano, si collegano, si rincorrono, si evitano, si toccano a formare ricami che conservano una loro identità definita,ma a uno sguardo più attento si nota una univocità nel costrutto che travalica ogni singolo tratto di pennello e spingonochi le guarda a riflettere sul loro significato che trascende i singoli segni grafici tanto che, osservandoli anche con l’occhio della mente, ognuno può provare a ricercare quello che è seppellito dentro la tela. Per indicare tutto questo ho adottato il termine “mentacoli”. Termine che può essere considerato la crasi di due parole: “mente” e “tentacoli”. Si può pertanto pensare a questa espressione grafica come a una estrusione mentale che partorisce dal cervello e si diffonde nell’aria seguendo i movimenti di tentacoli che disegnano nell’etere forme e circonvoluzioni sempre diverse, mai prevedibili o identiche a quelle delineate in momenti precedenti. (www.silviodipietro.it)

 

–       Come nasce un’idea?

 

Una qualunque idea si genera nella mente di noi esseri umani stimolata da fattori esterniche si combinano con il vissuto di ognuno. Un qualsiasi stimolo può essere significativo per alcuni, indifferente per altri. L’idea che è alla base del mio modo di creare su tela le composizioni geometriche è nata dalla constatazione che in natura tutto è diverso, ma gli elementi cardine di un qualsiasi processo sono sempre in numero limitato. Esempio lampante è quello dei fragili e inconsistenti fiocchi di neve: tutti esattamente esagonali, tutti simili, ma nessuno, nella sua effimera esistenza, uguale all’altro.

 

–       Che cosa è per lei l’ispirazione?

 

L’ispirazione, quello stato che spinge un poeta, un pittore, uno scultore, un attore a dare il meglio di sé è qualcosa che ogni essere umano, in quanto tale, possiede, ovviamente in misura differente, indipendentemente da come vive la propria vita. Molti però non hanno l’occhio interno per poterla cogliere e in molti va perduta. Solo chi si sente attratto da mestieri o professioni creative riesce a coglierne il significato e allora i suoi sensi sono propensia captare quel momento giusto che permette di  trasformare in un’opera d’arte un qualsiasi segno, un qualsiasi gesto. I capolavori pittorici (mi limito a parlare di questi) più celebrati al mondo sono tali perché proprio nel momento in cui sono stati prodotti hanno avuto un artista totalmente inspirato. Una perfetta, splendida, indistinguibile copia non potrà mai avere il sapore dell’originale in quanto chi la realizza non ha in sé il sacro fuoco dell’ispirazione.

 

–       In che circostanze vengono le idee migliori?

 

Non esiste una circostanza particolare. Comeprecedentemente detto, una qualsiasi cosa, un qualsiasi gesto, un qualsiasi suono, un qualsiasi odore che si combina con tutto quello che la mente ha immagazzinato in una vita intera può far scattare una scintilla che innesca una catena di altre immagini e sensazioni che possono sfociare in qualcosa di imprevedibile e nuovo che, se erompe nella mente di un artista, lo spinge a creare qualcosa che solo un minuto prima non avrebbe mai pensato di conoscere e quindi di poter realizzare.

 

–       Qual è la prova del nove per capire se un’idea è valida oppure no?

 

Questa è la domanda per la quale una risposta è la più complessa. Ognuno di noi, per quanto sopra detto, partorisce idee sicuramente dissimili da quelle di altri individui e, per la stessa natura umana, ognuno è portato a giudicare i parti della propria mente i migliori in assoluto. Ciò è ancora più vero nell’immaginario degli “artisti” che, quasi sempre, ritengono di essere i migliori, i più bravi. Questo è la visione che ognuno ha dall’interno di se stesso, ma cosa succede se si vuole dare un’oggettività alle proprie idee? Come è possibile giudicare in modo scientifico se un’idea è valida oppure no? Soprattutto nel mondo dell’arte, per me la risposta non esiste o forse bisogna superare il concetto che un’opera debba essere inquadrata in schemi stabiliti e lasciarsi solo guidare dalle sensazioni. In questo caso, dunque, la prova del nove della validità di un’idea, e quindi di un’opera d’arte, è data dall’emozione, dai pensieri che suscita, da ciò che riesce a trasmettere in chi la guarda.

 

–       Tre idee creative che piacerebbero fossero venute a lei?

 

Sognare in grande non è un peccato per cui posso affermare che, se qualcuno non ci avesse già pensato, mi sarebbe piaciuto:

–       avere avuto le intuizioni di Lavoisier e Dalton relative alla costituzionedella materia (sono un chimico!);

–       aver intuito e realizzato la trasmissione delle onde elettromagnetiche via etere (Guglielmo Marconi);

–       essere stato un precursore di uno dei più famosi movimenti artistici quale, per esempio,il cubismo, movimento che destruttura la realtà utilizzando figure geometriche.

 

–       Quando e come ha iniziato a vedersi come artista?

 

Il processo è stato lento anche se avvenuto in pochi anni. Fin dai miei primi lavori ho visto il loro apprezzamento da parte delle persone che mi accompagnano nella vita, parenti e amici, ma non ho mai pensato che i loro giudizi positivi potessero andare al di là del compiacimento con il quale si viene giudicati da chi ti è affettivamente vicino. L’ironia con la quale ricevevo i primi riconoscimenti mi impediva di affibbiarmi il titolo di “artista”, cosa che ancora oggi mi è difficile. Per me un artista è chi decide di vivere della propria arte, soffrendo per i momenti difficili, sacrificando una vita normale per l’impegno a promuovere le proprie creazioni. Non per niente molti dei pittori le cui opere sono riconosciute come capolavori a livello mondiale hanno avuto vite disgraziate e misere. Io ancora non sono pronto a pensarmi e presentarmi come artista anche se comincio ad avere alcuni riscontri oggettivi anche da parte di chi non è legato a me con vincoli di affetto.

 

–       Perché la maggioranza degli artisti ha delle personalità complesse?

 

Riallacciandomi a quanto prima esposto, non è difficile comprendere la personalità complessa della maggioranza degli artisti. Se si vuole cercare di emozionare i fruitori delle proprie produzioni, è necessario che internamente si vivano quei rivolgimenti, quelle catastrofi emotive che sicuramente non sono presenti in una persona che ha una mente più rivolta alla quotidianità e alla routine della vita.

 

–       Come si deve valutare un’opera artistica?

 

A questa domanda ho già risposto precedentemente: basta che l’occhio sia solo un tramite per la mente. Le emozioni che si provano davanti a un’opera sono l’unico modo che si ha per valutarla. Ti emoziona? Vale. Ti lascia indifferente? Forse è bella, gradevole da guardare, ma non è un’opera d’arte.

 

–       L’artista deve reinventarsi ogni giorno?

 

Il principale nemico di un artista è la ripetitività. Ancora una volta sono costretto a rifarmi a quanto prima detto in diversi punti. Diversità è sinonimo di creatività e una copia non potrà mai avvicinarsi a un originale. Proprio per questo un artista deve continuamente rinnovarsi per non diventare banale, ma il rinnovarsi non è difficile per chi vive di emozioni, per chi è accorto al mondo che lo circonda, per chi, per natura, è dotato di quello spirito critico che differenzia un artista da chi non lo è. Il rinnovarsi, però, non deve essere una pianificazione razionale e studiata, ma deve progredire in maniera naturale, soprattutto per chi ha uno stile personale che non può abbandonare se vuole conservare una sua individualità in un mondo dove è facile cadere nell’emulazione.

 

–       Che artisti ammira e in che modo hanno influenzato le sue opere?

 

Da sempre sono stato attratto e portato ad apprezzare l’arte astratta piuttosto che quella figurativa e gli artisti che ho sempre ammirato più degli altri sono quelli nelle cui opere si possono individuare elementi geometrici. Il susseguirsi di colori ben accostati, il trattare anche le figure umane e la natura come puzzle hanno sempre stimolato la mia fantasia. Forse per questo, nel momento in cui ho iniziato a voler creare qualcosa di personale, fatalmente mi sono ritrovato a immaginare elementi geometrici attraverso i quali estrinsecare il mio vissuto interiore.

 

–       Qual è la sua opinione sulle sovvenzioni pubbliche all’arte?

 

Relativamente a questo argomento sono pessimista, soprattutto riferendomi ai tempi che stiamo vivendo. Le sovvenzioni dovrebbero riguardare chi ne ha bisogno (quei veri artisti ai quali prima accennavo), ma, purtroppo, anche in questo campo i “bisognosi” delle sovvenzioni sono sempre quelli più vicini a chi deve deciderein che modo distribuire le poche risorse disponibili. Non dico altro.

 

–       Le dispiace doversi staccare da un pezzo che ha venduto?

 

Un quadro che parte, che non è più sotto gli occhi, che non può più parlarti dal vivo è una vera perdita. Non bastano le foto, il ricordo di averlo costruito passo dopo passo, l’averlo avuto di fronte per attutire il dispiacere di averlo ceduto. D’altra parte sapere che un tuo lavoro è piaciuto a qualcuno tanto da spingerlo a comprarlo procura una gioia anche perché sei sicuro che è finito nelle mani di chi potrà goderne quotidianamente.

 

–       Si compera l’opera o si compera l’artista?

 

Sicuramente si dovrebbe comprare l’opera, perché l’acquisto dovrebbe essere guidato da ciò che il quadrotrasmette a chi decide di averlo per sé. Una volta portato a casa è la realizzazione dell’artista che continua a parlare all’acquirente e non chi l’ha elaborata. Spesso, però, si compra l’artista perché l’acquisto non è fatto con l’anima, con il cuore, ma è fatto con la mente, con il portafoglio, con la speranza di un guadagno. Che cosa vale un acquisto del genere se poi l’opera portata a casa resta muta? Il mercato dell’arte ha spinto sempre di più verso quest’ultima modalità di acquisto spesso alterando, per puri interessi economici, il valore da attribuire ai quadri.

 

–       Nell’arte non ci sono guide, come sa qual è la cosa successiva da fare?

 

Non lo so e credo che nessuno possa sapere come muoversi. Ancora una volta credo che debba essere l’istinto e l’intuito a farti capire la situazione in cui sei coinvolto e soprattutto le persone con le quali vieni in contatto. I rapporti personali sono la caratteristica unica e principale della razza umana, per cui solo il contatto con chi, a pelle, ti ispira può guidarti nelle giuste scelte.

 

–       Che ruolo hanno giocato nella sua traiettoria le figure del mercante, rappresentante, gallerista e intermedi in generale?

 

Nella mia brevissima esperienza artistica ho avuto il piacere, la soddisfazione e l’onore di aver incontrato un noto gallerista italiano che ha subito creduto nel mio lavoro e che ha deciso di includermi nella sua squadra. È proprio grazie al suo intervento che ho avuto la possibilità e la gioia di partecipare al Grande Canale della Pace.

 

–       Che cosa consiglierebbe a chi inizia?

 

Di mostrarsi molto cauto nell’inserirsi nel mondo dell’arte nel quale, purtroppo, non tutti hanno quella professionalità e onestà intellettuale che mostrano con una faccia di agnello.

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