Artisti si nasce, Eugene ne è la prova vivente. Eugenio Valente in arte Eugene, ha iniziato il suo percorso artistico a soli 4 anni, imparando il pianoforte da autodidatta. Compositore, cantante e produttore, vanta progetti e collaborazioni internazionali.
D: Hai iniziato a suonare il pianoforte a soli quattro honey blonde wig custom jersey nike air jordan 6 retro unc sneakers womens nike air max 270 sex toy silicone nfl plus cheap nfl jerseys customize jersey basketball cheap human hair wigs jordan store nfl jerseys nike air jordan store outlet adidas cheap nfl jerseys jordan’s store anni e, per di più da autodidatta, com’è nata la passione per la musica? Cosa ti ha spinto a proseguire il tuo percorso artistico?
R: “Avevo 4 o 5 anni al massimo. Veramente è iniziato tutto per gioco, io non avevo il pianoforte, ma ne approfittavo quando con la mia famiglia andavamo a trovare alcuni zii a Gaeta, i quali ne possedevano uno, ed io coglievo l’occasione per suonare. Non avendo studiato musica sperimentavo da solo nuovi suoni, era una sorta di gioco. È letteralmente curioso, nella lingua italiana suonare e giocare hanno un significato differente, mentre in quella inglese e francese viene utilizzato lo stesso verbo, rispettivamente: play e jouer. Mi divertivo a suonare una sequenza di note, il giorno cercavo di ricordare ed eseguire quelle che mi piacevano di più. Non so se inconsciamente mi è rimasta impressa qualche melodia del passato, che poi ho riproposto nelle mie produzioni. Ho impresso nella mente le forti emozioni che avvertivo e, mi facevano stare bene. Poi è sopraggiunta la voglia di suonare con qualche strumento elettrico. Mio papà mi aveva regalato una tastiera della Casio, quella che usavano i “Trio” nella canzone “Da Da Da”, agli inizi degli anni 80. Con quella tastiera mi dilettavo a risuonare le melodie che sentivo in televisione o alla radio. Per me la musica è stata sempre stata un’esplorazione emozionante, un approccioempirico. A 14-15 anni sono arrivate le prime tastiere un po’ più professionali, i primi gruppi, i concerti a scuola. Ascoltavo i Pink Floyd e, cercavo di eseguire le loro canzoni. Dopodiché mi sono iscritto all’università e nel frattempo avevo già iniziato a suonare con alcuni gruppi dal vivo, la musica era diventato un lavoro. Il mio sogno era quello di conciliare entrambi le cose. Purtroppo giunto a pochi esami dalla laurea in ingegneria elettronica, ho deciso di lasciare gli studi, dopo aver ripetuto un paio di volte un esame di “Elettronica 2”. Il docente conoscendo il mio lato artistico, mi disse: “O fai l’ingegnere o fai il musicista”. In realtà lui mi aveva preso in antipatia, la presi molto male però in la musica mi stava chiamando. In qualche modo l’approccio ingegneristico per certi versi l’ho mantenuto, pur difendendo l’istintività, l’istintualità, l’approccio emozionale, da una parte le macchine, dall’altra il cuore. Il mio mestiere da musicista, è iniziato a poco più di 20 anni”.
D: La tua carriera quindi è sempre proseguita da autodidatta?
R: “Si, assolutamente si, solo una volta a 12-13 anni un mio amico mi propose di suonare l’organo in Chiesa. Accettai perché mi entusiasmava, il parroco mi fece studiare delle piccole nozioni di teoria musicale molto semplici. I miei maestri sono i Pink Floyd, sono i Queen, i Beatles, gli Steely Dan, i Kraftwerk, Vangelis, Brian Eno, imparavo suonando la loro musica”.
D: Quando hai capito qual era il genere musicale che ti apparteneva?
R: “È una domanda molto interessante, penso che la musica è una, non mi faccio tante preclusioni su quello che voglio fare. È pur vero che componendo da solo, l’elettronica è il genere che soddisfa maggiormente le mie esigenze, mi viene in aiuto. Mi permette anche di poter integrare degli strumenti acustici, che non hanno nulla a che fare con questo genere. Quando faccio canzoni pop il più delle volte si usano i sintetizzatori, i drum-machine. L’elettronica per me è un mezzo con il quale potermi esprimere, ma se un domani dovessi trasmettere determinate emozioni che richiedono un altro genere musicale, lo farei. Scelgo in base al mio stato d’animo, non mi pongo limiti.
D: Sei produttore, hai collaborato con tanti artisti appartenenti a generi musicali differenti. Come fai a farli coesistere nel tuo mondo?
R: “Diciamo che in genere quando qualche artista mi contatta, lo fa perché ha già ascoltato i miei brani, quindi sa cosa gli posso dare. A volte capita che a rivolgersi a me è il discografico, il quale non ha la minima idea del suono che gli serve. Mi sono divertito a lavorare con molti artisti, ad esempio con il cantautore Renzo Rubino, nelle sue canzoni l’elettronica non fa da padrone, però da un tocco particolare, impreziosce. Ho collaborato con Anna Tatangelo, pur essendo lontanissimo dal mondo pop, mi chiamarono perché lei in quel periodo aveva cambiato il suo stile musicale, era orientato più verso la musica elettronica. Mi sono occupato della gestione dei suoni elettronici nei suoi concerti dal vivo”.
D: Come nascono i tuoi brani? Da dove trai ispirazione?
R: “Tutto ciò che è intorno a me può ispirarmi, ogni piccolo gesto, una passeggiata, un tramonto, un film, un libro, una delusione, un sogno. “Seven Years In Space” l’ultimo album che ho pubblicato, contiene alcune canzoni ispirate da un mio sogno. Un tempo appena sveglio, scrivevo su un diario i sogni che mi colpivono particolarmente durante la notte, capitava anche di farlo nel cuore della notte. A fianco al letto avevo il cosiddetto “The book of Dreams”. Mi piace raccontare il mio vissuto, le mie emozioni, filtrare la coscienza personale, non riesco a fare semplici inni o hit, neanche a parlare in terza persona. Lascio fluire le idee in maniera totalmente libera, non decida a priori”
D: Progetti futuri?
R: “Ce ne sono diversi, nel frattempo sto lavorando tantissimo con Andy dei Bluvertigo per il progetto che si chiama “NDGN”, che è esattamente la fusione dei nostri nomi. Abbiamo iniziato con le rivisitazioni delle canzoni di Franco Battiato, abbiamo fatto l’Esodo, l’Animale sono state apprezzate in radio. In programma abbiamo anche tanti altri progetti, che man mano renderemo noti sulla pagina “Bandcamp” di Andy. Ad ottobre parto in tournée insieme a Garbo, il pioniere della “New Wave” italiana, agli inizi degli anni 80. Per quanto concerne la mia carriera da solista, nei prossimi mesi pubblicherò nuovi lavori ed un “Ep”, una sorta di estensione dell’album “Seven Years In Space ” , si chiamerà: “Seven Days on Earth” ossia i “7 Giorni sulla Terra” anziché i “7 Anni nello Spazio “. In futuro darò spiegazioni su questo progetto. C’è anche un “Ep” di tributo Syd Barret, il fondatore dei Pink Floyd, uno dei personaggi più intriganti, emozionanti a livello musicale e creativo, almeno nella mia formazione musicale”.
D: Fai parte del team dei produttori del talent show “Amici”, ti occupi del riarrangiamento dei brani, ci parli della tua esperienza?
R: “È stata una sfida, è il terzo anno che lavoro per loro, sono stato contattato dalla direzione musicale per occuparmi dei riarrangiamenti delle canzoni, faccio parte di un team. La parte interessante ed entusiasmante è che ogni settimana ci sono 4, 5, 6 basi totalmente agli antipodi tra di loro, si va dai Queen a Francesco De Gregori. Da una parte è veramente una corsa forsennata, perché i tempi di consegna sono velocissimi, ma la cosa eccitante è proprio il fatto che ogni volta è uno stile e un suono differente, quindi lavoro e nello stesso tempo apprendo, è una scuola continua. Cerco sempre di crescere, di mettermi in gioco, mi annoio molto facilmente, quindi ho bisogno di punti di rottura, cambi di scena e con la musica queste cose si possono fare”.
A cura di Maria Vittoria Corasaniti
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