L’ultimo romanzo di Fabio Ceraulo dal titolo “El Diablo” (Le Mezzelane Editrice), è un thriller storico che si ispira ad autori come l’americano Dan Brown, autore del best seller “Il Codice Da Vinci”. In questo caso però il libro riprende fatti e storie della “vita siciliana”…
Fabio, tu parli di un delitto misterioso, al quale un ispettore di polizia non riesce a trovare il significato. Come nasce l’idea di inserire due leggende popolari siciliane? (il libro è ambientato a Palermo, luogo di nascita dell’autore)
Essendo Palermo la mia città, conosco bene la sua storia e soprattutto le leggende del passato, affascinanti entità che ancora oggi fanno discutere. Qualche anno fa, dopo aver pubblicato un romanzo che parlava di un patriota realmente vissuto in epoca risorgimentale, qualcuno mi chiese se avessi mai avuto l’idea di scrivere un romanzo che riprendesse vecchie storie siciliane. Le due più interessanti e tutt’oggi controverse sono il delitto della baronessa di Carini, avvenuto nel sedicesimo secolo, e il mistero della setta dei Beati Paoli. Secondo studi recenti, le due leggende potrebbero essersi incrociate a livello temporale. Allora lanciai una sfida a me stesso: provare a imbastire una storia che inserisse entrambe in un contesto più ampio, ovvero partendo da una indagine che si svolge ai tempi nostri e che camminasse in parallelo con le storie cinquecentesche, un clichè simile a thriller storici già noti come Il Codice Da Vinci. E credo di esserci riuscito.
Quanto c’è di inventato nella storia e quanto invece si basa su eventi realmente accaduti? Tra le protagoniste del libro c’è Silvia Romano, una studentessa prossima alla laurea, ma già molto esperta di antichi manoscritti. Se fosse reale, chi sarebbe?
La cosiddetta “fiction”, ovvero la parte inventata che sorregge la parte moderna della storia, dalla quale si snoda l’intera trama, è una mia invenzione, un espediente letterario che sfrutto per mettere in risalto le due leggende del Cinquecento, che al 99% sono fatti realmente accaduti. L’un per cento mancante è dovuto al fatto che per la setta dei Beati Paoli non esistono documenti storici ufficiali ma solo accenni e riferimenti. La protagonista del libro, la studentessa Silvia Romano, è un personaggio che mi è piaciuto creare immaginandolo il più reale possibile, ovvero una ragazza con la grande passione per lo studio dei manoscritti antichi (per lei quasi un’ossessione), ma che fosse anche una figura molto genuina, una eterna sbadata, una disordinata, dalla personalità semplice e che ispira simpatia. Per alcuni versi potrebbe essere la replica femminile di me stesso.
Nel tuo romanzo la funzione del libro, del manoscritto è fondamentale. Vuoi trasmettere un messaggio in particolare? Magari un invito a leggere di più e lasciare da parte la tecnologia?
Oggi suggerire agli adolescenti di mettere da parte la tecnologia è impossibile. Certo, sarebbe meglio che molti di loro si approcciassero di più alla lettura che non a giocherellare con cellulari e tablet. La tecnologia ha sicuramente due facce: la prima, il continuo progresso che ha portato e porterà a risultati sempre più sorprendenti; la seconda, purtroppo, sta determinando la fine di settori come quello appunto della lettura, ma anche quello della musica o dei film. In fondo, ognuno è figlio dell’epoca in cui cresce. Utilizzo anch’io la tecnologia ma sono cresciuto con i libri, i fumetti e giocattoli d’altri tempi. Oggi si va avanti a pane e internet, e credo che per un giovane sia fondamentale l’esempio dei genitori. Se a un ragazzino che festeggia la prima comunione regali un cellulare, hai già avviato il suo percorso verso una meta precisa.
Qual è il tuo rapporto in generale con la religione? Credi sia un valore aggiunto la fede o nel tuo libro assume un valore secondario?
Non sono una persona particolarmente religiosa, ho tanti dubbi relativamente alla fede ma non sono nemmeno uno che disdegna parlare di religione, ritengo il Vangelo una lettura interessante e significativa. In linea di massima ho rispetto per chi crede, così come per chi non crede. Mi piace confrontarmi e per chi ha fede, quella è di sicuro un valore aggiunto. Ho avuto un esempio, ai tempi del liceo, che mi ha segnato fino a oggi, un insegnante di religione che credeva fortemente in ciò che faceva e che pagò con la vita la sua profonda fede. Era don Pino Puglisi. Lui ci parlava del rispetto che bisognava avere per il prossimo, anche se era ateo, anche se era un delinquente. Al di là dell’aspetto religioso, il suo insegnamento per me è stato importante. Nel romanzo, la protagonista è una credente, nel tempo libero si occupa di attività parrocchiali che vanno dal volontariato fino al doposcuola per bambini di famiglie indigenti. Si scontrerà con figure che di religioso hanno ben poco, appartenenti a una sfera maligna. In questo, l’esempio di padre Puglisi ha dato una mano
Dove trovare Il libro:
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