Tutti noi pensiamo che le fake news, letteralmente notizie false, siano un’invenzione del mondo contemporaneo “create e amplificate” con l’avvento dei social networks, ed invece, non è così!
Certamente, con la diffusione degli smartphone e social networks, la cosa è sfuggita letteralmente di mano, grazie a bot e algoritmi, ma la storia delle fake news ha origini antiche, probabilmente con la comparsa dell’uomo sulla Terra, infatti ci sono da segnalare casi epici prima nell’antica Grecia e poi nell’impero romano, in epoca napoleonica, e anche con Hitler e durante la guerra fredda.
LE FAKE NEWS NELLA STORIA ANTICA
Come ricorda Luciano Canfora nel suo “La storia falsa”, la bufala o fake news più antica risale a tredici secoli fa e si tratterebbe di una lettera attribuita a Pausania, nella quale l’allora potentissimo “reggente” spartano avrebbe scritto a Serse, il re dei Persiani appena sconfitto, un’offerta di tradimento da prender con le pinze, scrive Erodoto (“Sempre che sia vero ciò che si dice…”), ma che Pausania pagò cara: condannato a morte, si rifugiò in un tempio dove non potevano toccarlo. Ma lo murarono vivo. A morire di fame e di sete. Per un messaggio probabilmente falso scritto da altri.
La lettera del resto, insiste Canfora – è in qualunque epoca il genere falsificabile per eccellenza. – Lo studioso racconta di “una lettera di Cicerone che descrive, con accenti quasi trionfali, come egli avesse smascherato, per semplice analisi “interna”, un dispaccio giunto in Senato mentre si era in seduta e falsamente attribuito a Bruto, il cesaricida, allora impegnato a organizzare le forze repubblicane in Oriente”.
Renato Paone, dà un contributo a questo sguardo all’indietro: “Le fake news impestano la rete, suscitano clamore e indignazione. Ma è un fenomeno che affonda le sue radici nella storia, non è frutto solo dell’epoca contemporanea. Tanti i documenti del passato che erano stati dati per veri, resistendo anche per molti secoli. Ma il duro lavoro di storici, esperti e umanisti ha permesso di far emergere la loro infondatezza, la loro falsità. Tra i più famosi falsi storici: la Donazione di Costantino, che diede inizio al potere temporale della Chiesa, la leggenda del “Prete Gianni”, la notizia della morte di Napoleone nel 1814 per meri interessi economici, la divulgazione dei “Protocolli dei Savi di Sion” agli inizi del secolo scorso e la truffa paleontologica dell’uomo di Piltdown”.
VERSO I NOSTRI TEMPI
Per avvicinarci al nostro tempo, maestro di fake news era il ministro della propaganda del III Reich, Joseph Goebbels. Il Reich spendeva cinquecento miliardi di dollari all’anno per finanziare il dicastero di Goebbels (mentre gli americani investivano 26 milioni all’anno).
Il risultato fu una macchina del consenso impeccabile che partoriva notizie false a ripetizione. Come i famigerati articoli che alimentarono la campagna contro “la scienza ebraica, massonica e bolscevica” o quelli contro le “orde asiatiche” (i comunisti) e contro gli Ebrei.
Infatti la fake news più celebre riguardante gli ebrei raccontava che rapivano i neonati prima della celebrazione della Pasqua ebraica perché avevano bisogno del sangue di un bambino cristiano da mescolare con il loro matzah (il pane non lievitato).
Anche la guerra è cominciata con una bufala costruita a tavolino.
Prima di attaccare la Polonia (1939) il regime lanciò una campagna mediatica per preparare l’opinione pubblica alla guerra, gonfiando le notizie di “atrocità polacche” che secondo gli organi di regime sarebbero culminate con l’attacco alla stazione radio tedesca a Gliwice.
La notizia venne ripresa da tutti i mezzi di informazione, peccato che fosse falsa: l’attacco era stato fatto da SS tedesche che indossavano le divise polacche. Nessuno se ne accorse e il giorno seguente Hitler annunciò la sua decisione di invadere la Polonia. Tutte queste (false) notizie oltre che sui giornali, circolavano sulle radio: nella città tedesca di Zeesen c’erano otto trasmettitori radio in grado di raggiungere il mondo intero con canali personalizzati per ogni paese. Le trasmissioni naziste godevano di un discreto consenso, anche fuori dalla madrepatria: il loro modo di raccontare la guerra, irriverente e sarcastico, era ritenuto poco istituzionale e spesso piacevole. Un sondaggio all’epoca rilevava che il 58% degli ascoltatori in Inghilterra ne rimaneva attratto “perché trovava la sua versione delle notizie così fantasiosa da essere divertente”. Una delle riviste che pilotava di più l’opinione pubblica (oltre ovviamente ai cinegiornali, i notiziari di regime) era Signal, pensata sulla falsariga del settimanale americano “Life”.
Anche Signal era a colori e fu distribuita dal 1940 al 1945 in 23 paesi tra quelli neutrali alleati e quelli occupati (era tradotta in oltre 20 lingue). Per realizzarla e promuoverla il regime aveva stanziato un budget equivalente a 2 milioni di dollari (aveva una tiratura di 2,5 milioni di copie). La redazione era composta da militanti dell’esercito tedesco specializzati in giornalismo, cinema e fotografia incaricati di perlustrare il fronte, recuperando immagini brillanti da mettere in circolazione con stile e brio hollywoodiano. L’editore rispondeva direttamente all’Alto Comando della Wehrmacht. La gente lo comprava e la leggeva con piacere. A conferma che la macchina della propaganda era in grado di far credere alla gente qualsiasi cosa il regime volesse. Come dirà il Presidente del Reichstag, Hermann Goering, al Tribunale di Norimberga al momento del processo che lo incriminò: “Le persone possono sempre essere portate agli ordini dei leader. Tutto quello che devi fare è dire loro che sono stati attaccati, denunciando i pacifisti per la mancanza di patriottismo e perché espongono il paese al pericolo. Funziona allo stesso modo in tutti i Paesi”.
A COSA SERVONO LE FAKE NEWS?
PERCHÉ NON MUOIONO MA CONTINUANO AD ESISTERE?
La falsa notizia è funzionale a uno scopo immediato. Amplificare l’irredentismo. Esistono poi fake news che si basano sostanzialmente sull’omissione. Come quando Togliatti impose al partito di silenziare i crimini di Stalin anche se Kruscev li stava rendendo pubblici.
E ancora: “Tutta la storia del comunismo sovietico ha prosperato su notizie false. Il PCI sposò in pieno la metodica e la mise in pratica nel caso dell’invasione dell’Ungheria nel 1956 e poi dell’invasione della Cecoslovacchia. Come dicevo prima, Togliatti con Stalin la applicò alla perfezione…”. Ma il vero boom delle fake news anche molto pericolose, c’è stato durante questi due anni di Pandemia, dove si son scatenati complotti più fantasiosi e pericolosi, di cui di mezzo son finiti nuovamente gli ebrei, ma non solo loro anche alcuni potenti, che secondo tali fonti hanno creato una finta pandemia per sterminarci tutti o/e per arricchirsi tramite la dittatura sanitaria con vaccini pericolosi.
E potrei continuare all’infinito, ma meglio se mi fermo.
L’efficacia delle fake news sta nella capacità di adattarsi alle aspettative della persona a cui è destinata.
Il più delle volte è difficile, se non impossibile, sapere chi e perché si sta prendendo l’incomodo di fabbricare e spacciare fake news. Noi non li conosciamo, “i signori della disinformazione”, ma di sicuro loro conoscono noi:
le nostre paure, i nostri pregiudizi, malcontenti, il nostro oscuro desiderio di lasciarci ingannare, la sete di indignazione popolare.
Insomma le fake news trovano terreno fertile nell’assecondare tutto questo, per arrivare molte volte ad avere consensi facili, da quella parte di popolo che non sa distinguere la notizia falsa da quella vera.
Oggi è molto più facile smascherare le fake news, grazie alle tecnologie a disposizione di tutte, ciò che era complicato fino allo scorso secolo.
Eppure non si sa perché, le fake news continuano a trovare terreno fertile e sempre troppa, tanta gente, abbocca con facilità, soprattutto se nel divulgarla c’è una persona considerata in quel momento, “affidabile”, perché sì c’è anche questa componente, chi volutamente o involontariamente fa da tramite, dando più credibilità alla stessa.
Per capire se la notizia è vera o falsa, “basterebbe” fare ricerche sul web e consultare più fonti e se questa notizia è scritta su “fonti autorevoli”. Se la notizia non è riportata, probabilmente è una fake news, ci sono anche siti che si occupano di smascherarle, però a quanto pare troppa gente, soprattutto negli ultimi due anni, preferisce credere a “fonti non autorevoli”.
Alla prossima,
Hank.