Sabato 19 maggio 1291, nella città di San Giovanni d’Acri, caduta il giorno prima in mano al Sultano d’Egitto Al – Malik – Al – Ashraf – Khalil, un giovane francescano corre senza meta, tra corpi mutilati e cumuli di rovine. Conquistata l’ultima città importante dell’ormai perduto Regno Latino di Gerusalemme, l’esercito del Sultano si è abbandonato a un’orgia di sangue e distruzione. Il Palazzo del Tempio, dove si sono asserragliati i Templari una volta fallito l’eroico contrattacco in cui è morto il Gran Maestro Guilleaume de Beaujeu, è appena crollato seppellendo sotto le macerie attaccanti e difensori; era l’ultima roccaforte da espugnare, ora la città è perduta. All’interno della fortezza, insieme ai Templari, si era riparato il francescano; riuscito a uscire miracolosamente illeso, mentre i muri cadevano, ha cominciato la sua corsa disperata. Corre smarrito lungo i vicoli della città devastata, dove ogni pietra porta il segno del dissennato passaggio dell’invasore e, raggiunto il semi distrutto quartiere pisano, cerca riparo nella casa saccheggiata di un amico fiorentino. La dimora, sommersa nel caos, gli sembra abbandonata ma, sulla parete della stanza accanto a quella in cui si trova, vede l’ombra ingigantita di un saracino. L’uomo, un misero predone al seguito dell’esercito del Sultano, è impegnato a rimestare tra gli avanzi del saccheggio, facendosi luce con una candela. Il frate si sente perduto e si rassegna all’idea di essere ucciso e mentre attende il dettame della Provvidenza, la sua mano va a imbattersi in una mazza d’armi, da qualcuno chissà come dimenticata. Nella sua mente si scatena una dura lotta tra il desiderio di salvezza e l’etica francescana che gli proibisce di uccidere; vince la voglia di vivere e dopo aver ucciso il saracino veste i suoi poveri panni. Così travestito, lascia la città martoriata e, non senza incidenti, attraversa il campo del Sultano. Si allontana lungo la costa in direzione di Tiro; prima di arrivarvi incrocia la carovana di un mercante saracino. Il capo della carovana, un musulmano dal nobile aspetto, gli vende panni puliti, una bisaccia, acqua, datteri e formaggio e in più gli regala un prezioso pugnale perché lo sa disarmato.
Il frate indossa i panni lindi, profumati di spezie, appena acquistati e anziché abbandonare quelli sporchi e logori del predone ucciso, senza una ragione valida, li mette nella bisaccia e li porta con sé. A Tiro si fa rasare la testa per cancellare la tonsura che ritiene di non essere più degno di portare. Il barbiere lo costringe a raccontargli la sua storia e a dire per la prima volta il suo nome: Nerino dei Buondelmonti di Fiorenza. Lasciato il barbiere, riesce a imbarcarsi su un’affollata nave genovese, diretta a Cipro. Durante il viaggio la nave viene assalita dai pirati e Nerino è fatto prigioniero. Inizia così a percorrere una strada che lo porterà a uccidere in duello il capo dei pirati -con il pugnale regalatogli dal mercante saracino-, a prendere il suo posto e, attraverso una serie di vicende ogni volta più cruente, a diventare corsaro al servizio di Genova nella guerra contro Venezia; in un crescendo di atti scellerati fino alla presa di coscienza finale.
Nonostante ci sia molta azione -duelli, rapimenti, inseguimenti in mare, scontri navali, distruzione di villaggi, assalti a borghi e massacri degli abitanti, donne stuprate e vendute come schiave; non manca l’episodio galante e neanche l’incontro con il vero amore- il mio non è un romanzo di avventure. I panni del saracino è piuttosto la tormentata vicenda di un giovane appartenente a una delle casate magnatizie più antiche di Fiorenza che, dopo aver rinunciato all’eredità di primogenito per vestire il saio di Francesco, il caso mette di fronte a un altro se stesso, selvaggio e crudele, specie di demone che negli scontri lo possiede, rendendolo spietato e invincibile.
L’incontro con l’ombra è graduale; all’inizio il bel Nerino, da tutti conosciuto come il Frate, è il pirata gentile che evita la violenza e deruba soltanto navi che non oppongono resistenza, senza arrecare alle persone alcun danno, oltre a quello materiale. Il vero appuntamento con il gemello brutale avviene quando la sua galea è assalita dal pirata saracino Said. In questa battaglia, la prima della sua vita, la natura nascosta del Frate viene in superficie in tutta la sua spietata e soverchiante potenza. Perché questa seconda natura prenda il sopravvento, tuttavia, dovranno accadere molti fatti e soltanto nel fragore della mischia riuscirà a dominare incontrastata. Nel giovane non c’è una vera frattura psichica; Nerino e il Frate non hanno vite separate, ma ogni tanto Nerino ha bisogno di un bagno purificatore, di tornare a essere soltanto il magnate costumato, colto e amante della bellezza. Cerca queste oasi di pace lontano dalla galea, ormai la sua casa, dal mare e soprattutto dalla miseria spirituale dei suoi uomini. In uno dei periodi trascorsi sulla terraferma, ospite di un ricco mercante veneziano, conosce la singolare fanciulla con cui scopre la forza estatica dell’eros. La fugace relazione scatena la serie di eventi che porta Nerino a identificarsi completamente con il Frate, a compiere gli atti più efferati fin quando, sulla sponda di un rivo, solo e con il corpo devastato dalla febbre, farà i conti con se stesso. Allora butterà a mare la testimonianza della prima colpa; quei panni del saracino che per tanti anni, senza capirne la ragione, ha portato con sé.
Il romanzo si divide in tre parti: Il pirata – Viva il Frate! – Nerino e in sette capitoli: La fuga – La prigionia – L’apprendistato – Incontri – La Superba – Nel bosco oscuro – L’unione.
La narrazione si concentra quasi esclusivamente sul protagonista, tuttavia, molti sono i personaggi che girano intorno a lui. A cominciare da Theo, assassino e medico autodidatta, sorta di alter ego di Nerino che, al contrario di lui, vive senza contrasti la sua doppia natura, intanto prepara le condizioni materiali per, in un futuro forse non lontano, lasciar che il bene predomini in lui. Nikos, il capo dei pirati che rapiscono Nerino e che, nell’impossibilità di sottometterlo, crede di vendicarsi facendo dell’altezzoso prigioniero un pirata e lasciandogli in eredità la fortuna e la galea. Morirà in regolare duello con Nerino. Altri personaggi di rilievo: il genovese Benedetto di Obertino, padrone della nave su cui Nerino fugge da Tiro; Genoveffa, primo amore di Nerino, e Raffaella, sua zia, entrambe rapite e stuprate da Nikos; Sibilla, causa involontaria degli eventi che faranno precipitare Nerino totalmente nel suo doppio. L’amore arriverà con Anna, giovane del patriziato genovese, sposata a un uomo che detesta. Alcuni personaggi storici, nonostante le loro personalità siano state costruite in base a un’accurata documentazione, vengono coinvolti nel romanzo in vicende del tutto immaginarie.
Dati i problemi che la ricostruzione storica comportava, la stesura del romanzo ha richiesto alcuni anni; la bibliografia che sostiene le sue pagine è piuttosto consistente, tuttavia, ho scelto di lasciare in secondo piano gli eventi storici per dare maggiore rilievo al racconto. La ricca e complessa realtà dell’ultima decade del duecento è la traccia che ho seguito per sviluppare e dare coesione ai diversi momenti narrativi
La difficoltà maggiore l’ho trovata nella ricostruzione delle navi del periodo; delle galee sono stati ritrovati alcuni relitti di scafi, ma per avere notizie di come venivano armate bisogna rivolgersi a documenti scritti o all’iconografia; lo stesso vale per le navi commerciali, le cosiddette navi tonde. Nell’impossibilità di una ricostruzione corrispondente del tutto alla realtà storica e sempre attenendomi alla documentazione, ho forzato le dimensioni di certi spazi della galea e aperto qualche finestrella, dove probabilmente non ce n’erano, per esigenze narrative; -ho messo qualche collina in più, come diceva Fenoglio- comunque la fedeltà alle notizie finora arrivate a noi, prevale.
Un’altra grande difficoltà è stata descrivere gli scontri navali, soprattutto perché i cronisti danno molto per scontato; con un’accurata ricerca, però, -spesso cercando tra le righe- e molta immaginazione, credo di aver composto un quadro bellico convincente. A giudicare saranno i lettori…
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